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LOTTO marzo 2021 sciopero dei generi

Presa di parola del laboratorio libere soggettività trans* NUDM nelle piazze


Sciopero dei generi dalla norma ciseterosessuale


La zona fucsia continua a colorare i nostri territori in questa giornata di sciopero globale transfemminista.

La pandemia che preferiamo chiamare sindemia e la sua gestione mostrano come tutti i corpi, quelli delle donne e delle soggettività trans*, quelli degli animali non umani, della vegetazione e la terra stessa siano trattati come risorse gratuite ed inesauribili, disponibili all’appropriazione, allo sfruttamento, all'abuso, per sostenere il sistema capitalista, un modello economico, sociale e di sviluppo violento che continua a minare profondamente quell'equilibrio necessario a garantire una relazione ecosistemica.

Lottiamo perché non è più tempo di avere "sviluppo", "produzione", "profitto", "consumi" come punti di riferimento del sistema. Non si può prescindere dal perchè, come e cosa si produce ma soprattutto dalle conseguenze delle produzioni sui corpi tutti e sulla terra. Rimettere al centro il tema della produzione e distribuzione alimentare e dare vita a un immaginario di pratiche alternative, dando valore politico a tutte quelle pratiche di solidarietà e mutualismo che offrono modelli economici alternativi.


La violenza strutturale e sistemica sta arrivando oggi a un punto di non ritorno: non è possibile pensare alla fuoriuscita dalla sindemia dentro lo stesso modello di valori di questo sistema. Qualsiasi misura emergenziale che non assuma la direzionalità del cambiamento è risultata, risulta e risulterà inadeguata.


Siamo transfemministe e quel trans riassume quel desiderio di andare oltre nelle nostre pratiche femministe per dare spazio all'agire politico nella lotta contro tutte le oppressioni


La sindemia avrebbe potuto fornire l'occasione per una vera rivoluzione ecosistemica ma è stata utilizzata per una grande ristrutturazione globale capìtalista e neoliberale per riaffermare il dominio patriarcale.

La famiglia e la casa sono più che mai luoghi di oppressione e di conflitto, così come i tribunali, le carceri, i centri di accoglienza per le persone migranti sono luoghi di violenza istituzionale.


Le conseguenze del lockdown si misurano nei dati della violenza domestica, aumentata dalle misure di isolamento. La retorica della casa e della famiglia come luogo "sicuro" si è scontrata con la violenza patriarcale agita su chi afferma la propria autodeterminazione di genere e orientamento sessuale.


Non si può più fare a meno di sportelli antiviolenza e case rifugio aperti a persone di tutti i generi. Gli stanziamenti per questo nel recovery plan sono inesistenti nonostante la parola genere continui a ripetersi nel testo.


La proposta di rilancio dell'economia si basa sul lavoro riproduttivo, sessuale e di cura gratuito, all'interno della famiglia, e nel tentativo di forzata normalizzazione bio-psichica delle soggettività. Si nasconde lo sfruttamento del lavoro con la retorica dell’autoimprenditorialità. Va garantito un reddito per l'autodeterminazione e un welfare veramente universale e non familistico, per liberarci dal carico esclusivo del lavoro di cura. Lottiamo per un permesso di soggiorno europeo slegato dalla famiglia e dal lavoro.

La discriminazione in ambito lavorativo contro le persone trans* e queer continua sia che si esplichi nel non assumerlə sia che si manifesti in forma di aperta violenza e mobbing lasciando quindi loro come unica alternativa il lavoro informale.

Le persone trans*, soprattutto quando originarie di altri paesi, hanno spesso come unico mezzo di sostentamento il sex work, lavoro particolarmente soggetto alla violenza patriarcale, non solo dei clienti, ma dello Stato, che esercita il controllo sui corpi lasciando di fatto ai margini della legalità il lavoro sessuale e stigmatizzando chi lo esercita. Trattare il sex work come un lavoro implica la possibilità di individuare anche le specifiche tutele e diritti ai problemi che il sex work comporta. Lottiamo contro lo stigma del lavoro sessuale.


Mentre in alcune realtà si censura la possibilità di incontrarsi nelle scuole per parlare di generi e aborti, importante è che l'azione avviata dal liceo Ripetta di attivare la carriera alias per le studente transgender sia assunta da tutte le scuole e che si attivino sportelli di genere e percorsi di educazione alle differenze, alla sessualità e all'affettività in tutto il percorso educativo.


Segnaliamo la discriminazione e impreparazione endemica nel Servizio Sanitario Nazionale sui temi trans* e queer, il che rende difficile un accesso di qualità alla salute integrale.

Mentre gli ospedali pubblici sono al collasso per scarsità di personale e mezzi, non sono stati rafforzati i presidi territoriali che, a partire dai saperi elaborati nelle consultorie autogestite queer, dovrebbero finalmente aprire le loro porte a tutte le soggettività.

Per una reale inclusione delle persone trans*, non binarie, intersex è necessaria la formazione di tutto il personale sociosanitario, vista l'assenza di percorsi di studi di genere all'interno delle università.


Non è pensabile che nel 2021 nei centri preposti per i percorsi di transizione si considerino le identità trans binarie come uniche possibili. Siamo euforichə e non disforichə



La salute integrale resta un nostro obiettivo: è illegittimo (*) intervenire sui corpi di neonatu intersex con interventi chirurgici invasivi. Le mutilazioni genitali non sono determinate da esigenze di cura ma dall'adeguamento a modelli genitali eterocisnormati e agite senza il consenso della persona.


Abbiamo gioito all'approvazione della legge sull'aborto in Argentina che finalmente nomina nel suo testo oltre alle donne le persone gestanti. Non è solo un problema di linguaggio. Questo vuol dire mettere al centro la giustizia riproduttiva, la possibilità cioè per i corpi potenzialmente gestanti di riprodursi.


La sindemia ha accentuato la già ciclica carenza di ormoni, particolarmente pericolosa per le persone trans* che sono state costrette dalle passate norme alla sterilizzazione forzata. I servizi per le persone trans* in ospedale sono stati annullati, rendendo impossibile a moltə iniziare il trattamento, o difficile proseguirlo in maniera sicura (visite mediche ridotte, piani terapeutici non rinnovati). La recente determina dell'AIFA, poi, ha dato una stretta ulteriore imponendo le dignosi psichiatrizzanti e patologizzanti per l'ottenimento della gratuità degli ormoni e la somministrazione controllata solo nelle farmacie ospedaliere.


Non vogliamo che le nostre lotte per l'autodeterminazione siano oggetto di strumentalizzazioni e mercificazioni e per questo contrastiamo il pinkwashing, a partire da quello di Israele che sfrutta la sua supposta apertura LGT*BQIPA+ per nascondere i suoi crimini di guerra e di tutte le multinazionali che generano campagne per i loro profitti.


Questo è il Piano che noi vogliamo far vivere nelle piazze come movimento transfemminista. Se abbiamo una missione non è quella di accudire una società che ci opprime e ci sfrutta, ma di trasformarla radicalmente.

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