Presa di parola e contributo alla riflessione su ddl Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità del laboratorio libere soggettività trans* di NUDM verso la piazza del 15 maggio indirizzato a NUDM nazionale e a TFQ
Testo del ddl approvato alla camera
dossier senato sui termini del ddl
Abbiamo scritto nel piano “La violenza è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono relegate in una posizione subordinata”, perciò la sua natura è “strutturale” e, “in quanto basata sul genere”, si rivolge, oltre che contro le donne, "anche contro le soggettività LGBT*QIPA+", colpendole cioè proprio a partire dalla loro identità di genere e dal loro orientamento affettivo, relazionale e sessuale.
La violenza strutturale del sistema colpisce persone trans*, non binarie, intersex, queer, lesbiche, bisessuali, gay, poliamorose, asessuali e aromantiche e chiunque, pur non riconoscendosi in queste parole, si sottragga alla norma eterosessuale e alla divisione binaria uomo/donna socialmente imposta.
Si continuano a riprodurre e imporre modelli sociali basati su un binarismo obbligatorio che coinvolge persino la comunità LGTBQIPAI+. Sappiamo come transfemministe, quanto l’imposizione di un’identità di genere e di ruolo sia una violenza quotidiana.
Una violenza agita da un intero sistema e non solo da singoli individui omolesbobitransafobici. Si traduce in esclusione, bullismo, discriminazioni nel mondo del lavoro, patologizzazione e psichiatrizzazione nei percorsi di affermazione di genere, imposizione di mutilazioni genitali alla nascita, pratiche di cosiddetta riconversione, disuguaglianza economica, stigmatizzazione dei lavori sessuali, esclusione sociale, riproduttiva e genitoriale, incapacità di accoglienza nei luoghi istituzionali, non riconoscimento, invisibilizzazione, violenze, aggressioni fisiche e trans*cidi
Denunciare queste violenze spesso espone a nuove forme di discriminazioni e gli strumenti di difesa attuali sono insufficienti a contrastare questa violenza sistemica . Sono troppo poche, infatti, le strutture che accolgono e accompagnano in percorsi di fuoriuscita dalla violenza le persone LGBT*QIPA+: troppo spesso le persone trans*, paradossalmente in particolare le donne, si trovano escluse dai pochi centri antiviolenza esistenti; troppo spesso adolescenti e persone che scappano da famiglie violente a causa del loro genere o orientamento sessuale non hanno dove andare; troppo spesso donne lesbiche in una relazione abusante si trovano sottoposte ad un doppio stigma. La moltiplicazione di luoghi di rifugio e dei percorsi di fuoriuscita dalla violenza patriarcale e dall’omolesbobiAtransfobia è urgente e non più rinviabile.
Le reazioni di contestazione scatenate da parte del cosiddetto movimento no-gender, in linea con quanto accade in Ungheria, Polonia e Turchia e gli attacchi di gruppi che pretendono di tutelare una presunta identità delle donne contro quelle “di genere“ che chiamiamo donnismo e non femminismo, sono per noi due facce della stessa medaglia. Non c'è distanza tra sopprimere le libertà e/o affermare la libertà di escludere in base al genere o all'identità di genere.
Il DDL, come spesso succede nella giurisprudenza italiana, non è partito dall'ascolto attento delle elaborazioni transfemministe e da quelle della comunità LGTBQIPAI+ e quindi risulta spesso ambiguo.
Riconosciamo in questi punti le sue criticità:
è una semplice integrazione agli 604 bis e ter legge Mancino, già di per sé poco applicabile. La risposta deve andare oltre l'inasprimento delle pene e il carcere in generale, pratiche che abbiamo sempre detto non risolvono il problema della pervasività della violenza
è penale e non prevede implementazione culturale, come i programmi di educazione alle differenze di genere, alla sessualità e all'affettività.
I 4 milioni di euro destinati dalla legge ai “centri per il sostegno delle vittime di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere” sono assolutamente insufficienti e non sono previsti corsi di formazione per tutto il personale nelle varie istituzioni
Include definizioni su orientamento sessuale, identità di genere, genere, sesso espressione di genere ambigue e spesso discriminatorie ed errate. Definisce le persone trans* con la parola "transessuali", violentemente psichiatrizzante e discriminatoria, non rappresentativa dell molteplice esperienza trans*;
Esclude alcune identità (persone asessuali e non binarie) dalla protezione contro le discriminazioni;
inserisce un articolo che fa salve e quindi legittima "la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a de-terminare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti" con il rischio quindi di vanificare la stessa legge lasciando quindi al libero arbitrio i concetti di "pericolosità" e "libera Espressione", e rischiando di legittimare giuridicamente la discriminazione nei confronti delle persone queer in virtù della stessa legge che dovrebbe proteggerci.
Da queste criticità partiamo per rilanciare un forte programma di reale cambiamento.
Innanzitutto riteniamo inaccettabile qualsiasi accordo al ribasso rispetto ad una legge che già riteniamo insufficiente e pensiamo che la sua approvazione nella sua integrità sia il primo passo per costruire una fase di cambiamento reale a partire dalle nostre lotte, elaborazioni politiche, rivendicazioni, transformazioni. Siamo transfemministə e partiamo da questa consapevolezza e posizionamento politico.
Abbiamo l'urgenza su di una legge specifica sull'Identità di genere che possa avere al suo interno, come in tanti paesi europei la cancellazione definitiva delle pratiche di patologizzazione, psichiatrizzazione riconoscendo l'autodeterminazione e il consenso informato nei percorsi di affermazione di genere.
Una legge che vieti definitivamente, in linea con la risoluzione del parlamento europeo del 14 febbraio 2019, le mutilazioni genitali di bambinə intersex tese a imporre modelli genitali binari.
Una legge che veda l'inserimento dei percorsi di affermazione di genere specifici per persone minori di età e con varianza di genere, che rappresentano attualmente in Italia soggettività invisibili tra gli invisibili, e che l'approccio anche in questo caso sia orientato alla depatoogizzazione, e al consenso informato, all' allargamento di centri su tutto il territorio che effettuino realmente questi percorsi,e che sia anche di supporto e formazione per i genitori che attualmente sono lasciati soli.
Una legge che superi le complesse carriere alias che attualmente non sono ancora adottate in tutte le scuole, per il riconoscimento del nome di elezione anche nei registri elettronici senza la richiesta di nessun certificato medico, in modo accogliente e deburocratizzato, come succede per esempio in Spagna.
Una legge che vada a cancellare la 164/82, che è una legge sulla transessualità e non sull'identità di genere. Assumere l'identità di genere significa assumere da un punto di vista culturale, linguistico e sociale la soggettività esistenziale e politica di milioni di persone trans*, non binarie, intersex, lesbiche, bisessuali, poliamorose, asessuali e aromantiche e più ancora .... oltre le autodeterminazioni fino ad ora praticate e vissute. Lo schema che assegna i ruoli sociali e le identità in base al sesso anatomico di nascita o attribuito alla nascita non regge più. La nostra identità di genere risiede nella liberazione dei corpi tutti. Questa nuova legge deve andare anche a cancellare la visione binaria e psichiatrizzante delle recenti determine AIFA sulla gratuità dei farmaci per i percorsi di affermazione di genere. E a partire dai nostri corpi sappiamo che non ci sono verità nel sesso biologico, ma condizioni materiali di oppressione che su quel sesso si costruiscono. Per questo lottiamo anche per dare spazio a identità di genere impreviste e imprevedibili. E di questa lotta le persone trans*, non binarie e intersex sono parte integrante.
Per questo continuiamo a lottare per una liberazione culturale delle relazioni dalla visione costrittiva e violenta del patriarcato, per l'accesso materiale all’autodeterminazione per tutte le soggettività attraverso percorsi di autoconsapevolezza e cura, educazione, salute integrale, welfare e reddito, giustizia riproduttiva inclusa la IVG per tutti i corpi potenzialmente gestanti, genitorialità per tuttu, linguaggio inclusivo, rispettoso e non escludente.
Contrastiamo la riproduzione patriarcale, razzista e omolesbobiAtransafobica nella società, nei posti di lavoro e nelle case. Vogliamo un reddito di autodeterminazione slegato da lavoro e famiglia e un permesso di soggiorno europeo senza condizioni. Reclamiamo #moltipiù centri antiviolenza, transfemministi e non transecludenti, autonomi e autogestiti per tutte le soggettività che vivono la violenza di genere.
Non esiste nessuna «fobia», l'odio è un problema sociale e va risolto con cambiamenti sociali. La violenza non è un'opinione!
6 maggio 2021
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