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Immagine del redattoreMari

Pandemia e Terricidio

di Moira Millan, del Movimento Mujeres indigenas por el buen vivir

Mari mari kom pu kom pu lamnegen Ka pu wenuy Ka kom pu Che! Kigneke gni dungun fachiantu may

[saluti sorell* e amic*. per tuttu voi queste mie parole in questi giorni].


traduzione di Emilia, Cande e Marita



qui tutta la corrispondenza e le testimonianze dalla caravana del febbraio 2020 che ha partecipato al campamento contro il terricidio organizzato dal mocimento mujeres indigenas por el buen vivir https://radiosonar.net/tag/patagonia-2020





La mia gente e le mie amicizie mi chiedono come sto e io non rispondo, loro si preoccupano dei miei lunghi silenzi, invece questo silenzio é pieno di parole;

Cammino per il mio lof [comunità] e guardo la montagna respiro il suo profumo autunnale e parlo anche con voi, vi penso e provo dei modi telepatici per comunicare, qualcuno mi risponde dicendo che mi ha sognato, altri che la mia immagine e apparsa nella sua memoria e cosi comincio a capire chi spegne la tv e le reti sociali per connettersi davvero con il mondo.


Oggi vi racconterò come sto vivendo questa quarantena: sono fortunata perché ho abbandonato la futawarria [la grande città ] tempo fa. Ho avuto la certezza 20 anni fa che un territorio mi chiamasse lontano dalla città e ho seguito il suo richiamo senza dubbi.


Oggi so che quelle grandi carceri con sbarre invisibili, chiamate metropoli, già sono più visibili, i terricidi del mondo hanno scoperto metodi più efficaci di controllo, a secondo di quello che succede sanno come impartire il terrore come investire milioni di dollari in armi chimiche, virali e batteriologiche. Ci hanno convinto che loro, gli stessi che ci ammalano ci salveranno, gli stessi che ci tolgono la libertà ci convocano alla rassegnazione come resistenza contro un nuovo nemico. Questa volta non è un gruppo terrorista è un virus. Già non possono continuare inventando guerre, il militarismo è passato di moda, adesso la minaccia non è umana, è invisibile è virale. Non si parla di altri pericoli letali che attaccano la salute dei popoli. Silenziano le voci dei corpi affamati che urlano di fame, perché questo sistema è stato costruito e sostenuto dai terricidi, questo sistema ci divora e si ingrassa con i popoli che consumano.


La quarantena mi ha preso qui nel lof [comunità] Mapuche Pillan Mahuiza. La vita trascorre in funzione del tempo scandito dalla Natura, ci abbracciamo, ci riuniamo intorno al fuoco tutte le sere, circolano i pasti comunitari e le nostre parole, il cielo stellato ci illumina, ci dividiamo le faccende nelle giornate intense: siamo 8 donne, 3 uomini e 2 bambine, la maggior parte di noi sta nelle tende, perché la quarantena ci ha preso mentre costruivamo le nostre case. Lo stato non ci permette di comprare materiale da costruzione, forse crede che il coronavirus si possa contagiare passando mattoni e cemento però sì si possono comprare bevande alcoliche, che non hanno subito limitazioni. Questo è stato un fattore determinante in tante comunità indigene dell'incremento della violenza di genere. Fortunatamente nel nostro LOF l'alcolismo non esiste.



É arrivato l'autunno, con i suoi magici colori, dipingendo il paesaggio di rosso arancione e giallo. Con lui á arrivata pure mawun [la pioggia], abbondante e fredda; sono cominciate pure le nostre frustrazioni: tende e coperte ... tutto si allaga e dobbiamo togliere l'acqua e questo ci stanca e ci da rabbia: perché vivere questa situazione se si poteva evitare? Perché il centralismo porteño [ di BuenosAires] ammazza!

A nessun funzionario pubblico è sembrato giusto sanificare le zone di alto rischio? Perché ci sono microzone dove il corona virus non esiste assolutamente ma le misure non ne tengono conto mostrandosi assurde, aggressive e temerarie?

Sono arrivate anche il ghiaccio e le brine, c'é un mantello gelido e brillante sulle tende cosí il rischio di ammalarsi à maggiore, non di corana virus ma di polmonite o altre malattie respiratorie. Lo stato appare nelle nostre vite come un ente repressore e negazionista, io come Mapuche non conosco uno stato o nazione che agisca diversamente, mi chiedo: come vivranno questa quarantena le mie sorelle zapatiste? E il degno popolo di Cheran con il suo autogoverno?

L'autogestione e la creatività nascono dentro di noi e risolviamo le situazioni di emergenza quotidiana, con stufe di fango combattiamo il freddo, chiudiamo gli spazi collettivi riciclando la spazzatura che sarà ricoperta di fango e diventerà muri ¡ forti e robusti. Ci reinventiamo i vestiti e le coperte per riscaldarci, ci organizziamo per i pasti dosando il consumo degli alimenti freschi, la giornata passa portando acqua, tagliando legna, raccogliendo funghi e frutti facendo dolci e pane. Ci diamo pure il tempo per ridere, parlare , giocare, giochi come il wixalxipal dell'alba.

In questi giorni ho vissuto in modo speciale la cerimonia per la mia plenipausa: la fertilitá riproduttiva del mio corpo é finita e desideravo ringraziare la Mapu a pu ñgen, pu ñnewen y kuifikecheyem [la terra, gli spiriti della terra, le forze della natura e quelle ancestrali] per la mia multiple maternità, non solo per lu figl* che mi ha dato ma anche per i mie nipoti e la mia generazione futura.



Nella cerimonia ho chiesto ho chiesto anche a leufu [il fiume] di assumere un "nonnismo" che contribuisca ad una umanità distinta e migliore. Mi sono rasata la testa e la mia lungha treccia è stata offerta alla mia terra. Non era solo gratitudine e richiesta di aiuto, ho anche recuperato e risignificato una piccola parte della mia storia, dei miei primi momenti di vita.

Una settimana dopo la mia nascita mi hanno rasato la testa e una nipote di mio padre quando mi ha visto ha detto: "assomiglia a Peyenka!" E questo ha provocato grandi risate e da allora, e per tutta la mia infanzia, è così che mi hanno chiamato: Peyenka, ma chi era Peyenka?

L'ho scoperto unendo frammenti sfilacciati di memoria materna e di anziane amiche di mia madre. Peyenka era una donna tehuelche, alta e bruna, con una faccia grande e robusta, che all'inizio della sua adolescenza fu violentata a frotte dai soldati argentini.

Dopo quell'episodio si rasò i capelli, provava paura e disprezzo per gli uomini, parlava solo con le donne, vestiva di stracci di quello che un tempo era stato l'abbigliamento della sua gente e viveva sotto un hueralca di chulengo [un mantello di pelle di giovane guanaco], non fu mai assimilata dallo stato invasore, e mai si integrò. Per questo motivo la consideravano pazza e le persone "civilizzata" la prendevano in giro.

Da bambina mi vergognavo che il soprannome scelto per me fosse il nome di una pazza. Oggi sono onorata di portare quel segno nella mia storia: una donna coraggiosa e forte, che non voleva dimenticare, perdonare o negare la sua identità. In qualche modo la mia testa rasata mi ricorda anche il chineo [stupro normalizzato di bambin* da parte dei fazeinderos], le migliaia di donne violentate e lo stupro da me subito a 18 anni, che ho taciuto a lungo per vergogna e paura.

Mi ricorda che questo stato rimane lo stesso, e che, come Peyenka, non mi fido di lui.

Mi ricorda anche come hanno strappato potere strappati alle donne del mondo, rompendo il sacro legame tra l'utero delle donne e l'utero della terra; questa perversa matrice "civilizzatrice" ci ha convinto che questo sacro legame apparteneva solo alla nostra fedeltà all'uomo e lo attribuiva al matrimonio. Lasciando da parte la memoria ci abbiamo creduto ma quella profonda solitudine non aveva nulla a che fare con la storia dell'essere la metà della mela, ma con la separazione dalla nostra terra.

So che i miei capelli cresceranno come dovrebbe crescere dalla Mapu [la terra]la nostra forza per vincere il Terricidio. I mentori della morte, i governanti del mondo non vogliono che il "vivere bene" sia un diritto, non importa quale sia la loro bandiera, la loro lingua ufficiale, il loro marchio, le loro grandi compagnie, i terricidi uccidono.

Nonostante il fatto che sembra che siamo legati mani e piedi, che oggi non possiamo decidere perché la situazione è confusa, imprevedibile e minacciosa: scelgo di non essere una spia dei miei vicini al servizio del sistema, mi rifiuto di lasciare che le persone siano ridotte a tale degradante partecipazione all'autodifesa e alla sicurezza sanitaria per garantire la vita. Rivendico il diritto di proporre misure che siano solidali, contenenti, decisive, pragmatiche e applicabili, rispettose e non meno preventive perché mettiamo in esse amore e rispetto.



Con la resilienza, le popolazioni indigene, con una vasta esperienza nel superare epidemie, genocidi, epistemicidi e tutti i tentativi di sterminio, possono essere fondamentali nell'elaborazione di un dispositivo di protezione della comunità e allo stesso tempo di uno sviluppo sociale ed economico sostenuto dalla nostra spiritualità, dalla reciprocità e dall'armonia e dalla conoscenza dei nostri territori.

Queste misure omologate e univoche sono assurde e oppressive e non possono essere più essere sostenute. La realtà delle mega metropoli non sono affatto simili a quelle dei territori indigeni, è urgente la necessità di una nostra piena partecipazione e consultazione per mitigare gli effetti di questa quarantena, costituendo assemblee locali per la partecipazione territoriale al "buon vivere" dei popoli.

Certo, la quarantena è necessaria, ma quello scelto non è il modello applicabile e, se gli stati-nazione si rifiutano, iniziamo a costruirla noi, perché la saggezza non nidifica nei funzionari di turno né nelle corporazioni capitaliste, razziste, patriarcali e speciste , ma nella terra, la "Mapu", la "Pacha".

In fin dei conti siamo tutti i popoli del mondo, tutti gli esseri sul pianeta e le forze che lo abitano un'unica identità: terrestr*. Ecco perché il terricidio deve finire e dobbiamo perdere la nostra paura e aver fiducia nel fatto che non siamo soli per questo compito, la terra è la nostra principale alleata.



In questi giorni, mentre camminavo nel mio mapu , ho trovato tra i pini un pioppo orgoglioso e orgoglioso, volando via, ho osservato come innaffiava il terreno di foglie gialle, e come spogliandosi, apparisse la sua vera struttura, i suoi rami multiformi, alcuni corti, altri lunghi, armoniosi e alti fino a toccare il cielo i più grandi e robusti e forti quasi a toccare il terreno. L'abbondante chioma che lo ricopriva, non mi faceva vedere la sua vera essenza, il legno che lo costituisce e solo l'autunno lo mostra nella sua verità.

Il nostro autunno è arrivato e voglio sapere di che legno siamo fatt* senza abbellimenti che possano distrarre, senza i falsi colori, spogliandoci della vanità. Sento la fermezza delle mie radici e l'antica saggezza che mi nutre. La fine di Wingkalandia [ del mondo imposto dai colonizzatori (letteralmente i bianchi)] è vicina.


Popoli del mondo uniamoci contro il terricidio e, soprattutto popoli e nazionalità indigene, facciamo partire autogoverni territoriali. Per caso dalle parole del presidente abbiamo potuto intendere che governano per tutto il popolo argentino? Non ha fatto cenno all'intenzione di governare per la plurinazionalità che abita questo paese.

Forse questa è la vera rivoluzione, autogoverno dei popoli per il "Buon vivere" costruendo una TERRA senza "mali".


Concludo con una parola che ho imparato dalle persone della mia famiglia ancestrale »Yerpun» [attraversare la notte], il mattino luminoso arriverà quando vinceremo definitivamente la pandemia più letale che continuano da secoli a inocularci: quella delola paura. Senza paura guariremo davvero.


Da Puelwillimapu [terre mapuche dell'est] Moira Millán Weychafe [guerriera] Mapuche.


Inviare questo testo è stato molto difficile, ho dovuto nascondermi da vicini spie, evitare la polizia ed aspettare una buona connessione per strada in una mattinata fredda e piovigginosa, ma tu mi hai letto e ... il sacrificio è stato ripagato

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