Assemblea 30 maggio 2020 Spazio ecotransfemminista multispecie (sintesi)
hanno partecipato 100 persone
qui il video completo https://www.facebook.com/ecotransfemminismomultispecie/videos/301915227883905/
I temi emrsi necessitano di approfondimenti futuri anche a partire dalla complessità delle domande a cui in parte abbiamo risposto. Restano il nostro orizzonte di lavoro che necessita di ulteriori confronti.
Strumento per le relazioni tra teorie e pratiche di lotta è lo spazio ecotransfemminista multispecie che stiamo costruendo
uno spazio libero, di TRANSito, che vuole esplorare la radicalità, essere aperto alla pluralità e alle differenze senza omogeneizzazioni sia dei corpi che lo compongono che dei posizionamenti individuali e collettivi, uno spazio- ponte con movimenti, collettivi e gruppi esistenti, uno spazio dove si possa dialogare, confrontare pratiche, percorsi, esperienze e lotte diverse con l'obiettivo di superare quel crinale tra teoria e prassi e costruire pratiche comuni di lotta per contrastare la violenza strutturale del sistema capitalista eteropatriarcale e costruire dal basso quel cambio di sistema non più rimandabile. Le persone che partecipano a questo spazio lo fanno a partire da sé, dalle proprie storie, dai propri percorsi e posizionamenti politici e territoriali ma anche come ponti "attivi" con gli spazi politici in cui lavorano. Uno spazio di ecotransfemminismo multi specie per costruire pratiche politiche alternative alle gerarchie di genere, origine, razza, classe e specie e di analisi sui dualismi e binarismi che fondano il sistema eteropatriarcale capitalista.
Dall'individualismo si può uscire partendo da sé, dalle proprie pratiche quotidiane e dalla propria storia per costruire processi collettivi orizzontali che inneschino, a partire dalla propria liberazione, profonde trasformazioni strutturali attraverso l'ascolto attivo, le decisioni consensuate, i tempi di dialogo, le azioni comuni, ecc... con la consapevolezza che per ribaltare le gerarchie e le linee di oppressione e privilegio è fondamentale costruire un approccio intersezi
Sul linguaggio si sente il bisogno di valorizzare la cornice teorica ma anche di renderla comprensibile per determinare le ricadute possibili in termini di pratiche radicali di cambiamento, di una traduzione dei linguaggi in modo da renderli comprensibili e adeguabili ai contesti territoriali e transterritoriali in cui siamo attiv*
Urgente è la decostruzione del colonialismo sistemico, ma anche quello interiorizzato. Questo significa partire costantemente dalla consapevolezza dei privilegi e del posizionamento/contesto socioculturale in cui ognun* di noi agisce. Ci siamo anche interrogat* sulle modalità di atteggiamenti aperti al dialogo, ma anche sulla necessità che le alleanze comprendano livelli importanti di fiducia e condivisione di pratiche. Il dialogo sulla non violenza è necessario e utile ma non può non confrontarsi con la consapevolezza della violenza strutturale del sistema e la valutazione delle pratiche di resistenza possibili nei contesti in cui vengono agite
Abbiamo parlato di possibilità di relazioni e alleanze interspecie senza nessuna presunzione di metterci al posto di altri corpi superando quindi il concetto di individui "senzavoce". Non ci sono saltavator* e vittime, ma percorsi e pratiche politiche di accompagnamento, fianco a fianco, corpo a corpo intrecciando forme di solidarietá.
Il gruppo di Resistenza Animale ha iniziato a dire che non siamo i loro salvatori e che non è la “nostra” lotta in senso stretto, ma che siamo al loro fianco, che siamo alla costante ricerca di forme di solidarietà, indicando una direzione diversa. Oggi si è sviluppato un dibattito, anche accademico, sul tema, ma soprattutto si è cercato di costruire delle contronarrazioni, episodio per episodio, ribellione per ribellione, che provassero a superare l’idea della “vittima inerme”. “Resistenza Animale” ha iniziato a documentare casi di ribellione, fuga, dissidenza degli animali nei mattatoi, negli allevamenti, nei circhi, negli zoo, nei laboratori. Gli animali si ribellano tutti i giorni, come possono, anche in gruppo, e anche con modalità complesse, solo che non se ne parla, oppure se ne parla in modo folcloristico, cioè infantilizzante, paternalistico, minorizzante
Abbiamo una visione alternativa al reale fatta di cura, comunitá, ecosistema e centralitá del vivente.
Iniziare a parlare di privilegio di specie, usando proprio questa parola, “privilegio”, è molto importante. Un territorio di indagine in cui si fa fatica ad entrare
Le femministe nere hanno coniato il termine “intersezionalità” nel 1989 per spiegare che i modelli classici di oppressione basati su razza, origine, genere, orientamento sessuale, di specie non agiscono indipendentemente l’uno dall’altro, ma sono interrelati e si sovrappongono.
Se le oppressioni sono interconnesse, le lotte contro queste oppressioni dovrebbero esserlo altrettanto
L’intersezionalità non si può confondere con un generico appello all’”unione delle lotte” o a una loro magica convergenza. Ma può essere intesa come una pratica e un metodo, un metodo per leggere l’intreccio e il reciproco rafforzarsi delle linee di oppressione, un metodo, soprattutto, aperto. Se i correlati delle oppressioni sono i privilegi, è giusto che ci siano sempre più attivist* che sottolineano come non solo essere bianchi, avere un reddito, essere maschi, cis, etero, abili, adulti (adulti spesso ce lo si dimentica), ecc. ecc. sono privilegi, ma anche essere umani, appartenere alla specie homo sapiens, è un privilegio.
Judith Butler diceva che questi “ecc. ecc.” che noi mettiamo sempre in fondo alla lista sono motivo di imbarazzo e che questo imbarazzo deve essere assunto come un fatto, un fatto politico. E’ evidente che il privilegio di specie suscita imbarazzo, ed è normale, ma va affrontato, se vogliamo prendere seriamente il metodo intersezionale.
Cosa che peraltro è stata fatta negli ultimi anni, esplorando i nessi, per esempio, fra eterosessualità obbligatoria, eteronormatività e cultura della carne; o fra sfruttamento della riproduzione dei corpi femminili umani e dei corpi femminili non umani; o fra abilismo e specismo; o ancora portando in Italia la prospettiva del veganismo afroamericano.
É fondamentale anche superare i dualismi alla base delle linee di oppressione e privilegio di cui si nutre l'attuale sistema di produzione capitalista ed eteronormato: alteritá//subordinazione, agricolo//urbano, umano//animale, noi//loro, oggetti//soggetti, natura//civiltà, produzione//riproduzione, maschile//femminile.
Abbattendo la logica binaria si decostruiscono le gerarchie.
La violenza della pandemia ha rimesso al centro la vulnerabilità come tratto comune fra tutti gli esseri viventi, la morte come parte della vita. La logica del profitto e della produzione a qualsiasi costo aveva rimosso questa consapevolezza, sostituendola con l’idea artificiale della superiorità della specie umana.
L’ecosistema, la terra stanno lentamente morendo a causa delle logiche capitaliste di sopraffazione e del loro delirio di onnipotenza su ogni cosa vivente e non vivente. È in atto un vero e proprio terricidio così come è stato definito dal movimento mujeres indigenas por el buen vivir, parola che assumiamo e processo che vogliamo fermare, il famoso treno veloce che continua a correre sui binari verso la distruzione.
Solo nella collettività può cominciare un processo di confronto che possa costruire un nuovo modo di rapportarsi con la terra e tutte le creature che lo abitano a partire dalla consapevolezza della violenza sistemica strutturale.
La specie non può più essere uno spartiacque che giustifica lo sfruttamento, ma dev'essere valutata come una costruzione sociale che ha dato origine a gerarchie di valore e a privilegi di specie e comporta controllo e normativizzazione dei corpi.
Alle soggettività ricacciate nella sfera del "fuori norma" viene negato il riconoscimento politico. Vengono rese marginalizzabili, sfruttabili e uccidibili, ma proprio nel loro essere "fuori norma" è insita una dirompente carica rivoluzionaria.
C'è la forte necessità di ripensare tutto il sistema per raggiungere un rapporto più equilibrato con il resto dei viventi e imparare a coabitare un mondo che non è di proprietà dell'autodefinitosi "homo sapiens", definizione non neutra e sessuata (homo) e arrogante ( sapiens) rispetto ad altre specie gerarchizzate come inferiori.
Dare centralità al tema della produzione industriale e alimentare che, insieme a estrattivismo, deforestazioni, inquinamento, grandi opere, sta distruggendo il pianeta e l'ecosistema nella sua interezza, va in questa direzione. La produzione non può essere un obiettivo se non ci si chiede cosa, perchè, come, con quali conseguenze e con quali ripercussioni si produce.
L'assunzione del LIMITE e non quello della crescita nella parte di mondo in cui ci posizioniamo è fondamentale. Il sistema agroalimentare è una delle cause principali della crisi climatica e delle crisi virali degli ultimi anni, di quella in corso e probabilmente di quelle future.
È anche necessario smantellare la differenza tra allevamento intensivo ed estensivo. L’allevamento, sia nella sua forma intensiva che estensiva, presuppone il dominio degli animali e il controllo dell'ecosistema per il beneficio esclusivo dell’essere umano. Sia le agricolture intensive che quelle estensive ci vendono la stessa immagine: idilliache praterie in cui pascolano animali felici.
Tuttavia, in misura maggiore o minore, ciò non corrisponde alla realtà. Consideriamo l’esempio delle mucche sfruttate per il latte della loro prole: le immagini di mastiti, le mammelle pesanti e dolorose, la continua separazione dalla propria prole, è qualcosa che è presente sia negli allevamenti industriali che negli allevamenti estensivi. Il “buon formaggio biologico e artigianale” non sarebbe prodotto altrimenti. L’allevamento ESTENSIVO è anche dannoso per gli animali selvatici, perché necessita di vaste aree di terra per le mandrie a scapito degli altri animali.
Questo è il motivo per cui ci sono spesso alleanze tra allevamenti estensivi e la caccia.
È anche utile ricordare che l’allevamento è una delle cause per le quali stiamo provocando uno sterminio di massa di specie selvatiche, privandole di spazio e di risorse. Rispetto alla devastazione ambientale e agli incendi sempre più frequenti, bisognerebbe anche sapere che una foresta in stato avanzato di crescita accumula più umidità e quindi beneficia del fatto che, in caso di incendi, questi siano meno violenti. Inoltre, alcune specie vegetali sono particolarmente attrezzate per difendersi dal fuoco. Da qui l’importanza di favorire lo sviluppo di foreste diversificate anziché monocolture di alberi e foraggio, foreste dove ci siano specie con una maggiore capacità ignifuga naturale, per trattenere l’acqua e favorire la diversità. Gli incendi intenzionali delle foreste sono un altro modo per ampliare lo spazio dei pascoli necessari all'allevamento ESTENSIVO o TRADIZIONALE.
È possibile vivere bene nei paesi o in campagna, produrre e consumare prodotti stagionali e biologici, eliminando qualsiasi prodotto di origine animale. Ci sono alternative per lavorare i campi e ripopolare le aree rurali: qualsiasi altra attività rispetti l'ecosistema e che non coinvolga la sofferenza di altri animali con cui condividiamo questo pianeta e che abbiamo fatto diventare rifugiati nella loro stessa casa. Liberare e non abbandonare il territorio passa dal renderlo uno spazio sicuro per tutt*, umani o meno. I territori sicuri li fanno i territori liberati, dove c'é cura reciproca, libertà e profondo rispetto dei mondi emozionali altri.
Un altro di cui conosciamo solo in parte i desideri ma dei quali intuiamo le radici: una vita per se stessi e il desiderio di libertà. Riconosciamo facilmente la loro agency nelle storie di ribellione dove sono i protagonisti sfruttati, storie che vengono alla luce ogni tanto ma che costituiscono solo la punta dell'iceberg dei numerosi atti di ribellione, disobbedienza e resistenza animale.
Nei casi di clonazione, Dolly e Rosita sono due esempi evidenti dell'uso di corpi animali per interessi umani. Rosita, ad esempio, era destinata da Monsanto a produrre latte contenente proteine umane. Tutti i valori etici su cui ci interroghiamo rispetto alle biotecnologie riproduttive saltano quando si utilizzano i non umani. Gli abusi, la sofferenza e l'uccisione sono derubricati, quando non invisibilizzati, perché finalizzati alla produttività umana. E' fondamentale intessere alleanze interspecie, anche a partire dall'autodeterminazione sessuale e riproduttiva dei corpi umani e animali.
La crisi sanitaria e la crisi ambientale sono correlate, conseguenze dirette di questo sistema economico che basa la sua possibilità di produzione e riproduzione sullo sfruttamento dei corpi tutti e sullo sfruttamento della terra. Un sistema che si alimenta di norme, ruoli e gerarchie (famiglia, ruoli di genere, eteronormatività, controllo sociale, asservimento dei corpi e della terra) che generano oppressioni al servizio del capitale.
E' importante evitare l'universalizzazione dell'esperienza e dei saperi del mondo contadino, visibilizzando i discorsi antiscipecisti che informano oggi molti ambienti contadidi e rurali. E' fondamentale assumere che per porre fine alla violenza sistemica dobbiamo smettere di essere soggetti attivi di quella violenza.
Dobbiamo mettere in scacco il sistema gerarchico di potere del sistema capitalista, che crea corpi discriminabili e macellabili e cercare di concentraci nello “sforzo di vivere e morire bene l’un* con l’altr*. È urgente una seria valutazione delle modalità di produzione e riproduzione in relazione al danno provocato a livello ecosistemico, ai soprusi sui corpi umani animalizzati e su quelli degli altri animali.
Un esempio per la facilitazione di coabitazione animale (umana e non umana) il contributo che ci è stato portato dal Agripunk: l'occupazione di un allevamento di amadori trasformato in rifugio sociale.
Non possiamo permettere che da questa crisi si esca con interventi emergenziali legati ad un welfare occasionale e a comportamenti relazionali indotti e fondati su tecnologie avanzate, sistemi di controllo, individualismo, isolamento.
Politicizzare le misure emergenziali perchè non ricostruiscano quella normalità che non vogliamo, ma abbiano in essere il cambiamento che vogliamo produrre.
La pandemia ha anche fortemente visibilizzato le enormi contraddizioni degli spazi urbani e della gentrificazione, della relazione tra inquinamento e espansione dell'epidemia, della pericolosità di quel consumismo indotto a cui siamo stat* costantemente espost* e che troppo spesso ha determinato la possibilità di smaltimento di sovraproduzioni. E' fondamentale continuare le battagie e le riflessioni sugli spazi urbani continuando a tessere reti e pratiche di solidarietà per centri urbani degni e vivibili, lontani dalle false soluzioni del green washing e del pink washing.
Nelle città è partito un sistema di mutuo appoggio dal basso, una rete di cura e relazioni sociali, come ad esempio le spese solidali che comprendevano anche analisi sul metodo di produzione e sulla provenienza del cibo, o come l'occupazione di terreni per produzioni agricole ed orti. La sovranità alimentare è un orizzonte politico importante. Il cibo risponde a strutture politiche, sociali ed economiche situate, che dobbiamo decostruire.
Le domande che ci siamo dat* all'inizio dell'assemblea restano aperte e c'è molto interesse a seguire in questo percorso
1. 🌍 ⁉ Quali i tratti comuni tra la devastazione ambientale, il terricidio e il genocidio animale
2. 🌍 ⁉ Quali le esperienze di resistenza e solidarietà multi-specie a partire dai corpi oppressi?
3. 🌍 ⁉ Quali le possibili relazioni tra corpi femminili, femminilizzati, razzializzati, soggettività LGBT*QIA+, animali non umani e viventi in un'ottica intersezionale?
4. 🌍 ⁉ Quali le pratiche di lotta possibili oltre il crinale tra teoria e prassi?
Contributi all'assemblea:
1. resistenze animali
2. il transfemminismo e l'ecologismo devono essere antispecisti
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